Da quando ci siamo alzati in piedi, non abbiamo più smesso di guardare verso l’alto, ma nel farlo, qualcosa si è irrigidito dentro di noi.
La bipedia non è solo un gesto evolutivo, è un principio psichico. Ergendoci sulla terra, abbiamo inaugurato una nuova separazione: tra il sopra e il sotto, tra la testa e i piedi, tra il cielo e il suolo. Abbiamo cominciato a vivere in verticale e la verticalità è diventata presto un valore.
Un mondo bipolare
Viviamo su un pianeta bipolare: nord e sud, luce e ombra, giorno e notte, caldo e freddo, inspirazione ed espirazione, la vita è fatta di polarità. Anche dentro di noi, la polarità è ovunque: pensiero e corpo, attività e riposo, veglia e sonno.
Essere umani significa essere bipolari in senso naturale, dinamico, vivente. Ma c’è una differenza tra la polarità fisiologica e la polarizzazione morale.
A un certo punto della nostra storia, il duale è diventato dualistico, l’alto è diventato bene, il basso è diventato male. Non c’è niente di naturale in questo: è stata la mente, crescendo in controllo e potere, a creare questa frattura e il corpo, da maestro di equilibrio, è stato relegato a ricettacolo di istinti, debolezze, limiti.
La paura di tornare giù
Più salivamo con la testa, più avevamo paura di cadere, la bipedia ci ha permesso di guardare lontano, ma ci ha anche instillato la vertigine del vuoto o del regresso.
Abbiamo imparato a temere tutto ciò che ci riporta giù: l’errore, la debolezza, la resa, la carne, il bisogno.
Perfino le parole che usiamo ne portano traccia: “cadere in tentazione”, “essere a terra”, “tornare giù”, “abbassarsi”.
Ma senza caduta non c’è nuova partenza.
Il serpente che striscia e la colomba che vola non sono opposti morali: sono simboli complementari. Uno guarda in basso, l’altra in alto. Uno conosce la terra, l’altra il cielo. Ciò che manca è la capacità di muoverci tra i due.
Il peccato originale della nostra civiltà
Abbiamo evoluto verso l’alto, senza mai involvere verso il basso, abbiamo fatto dell’elevazione uno scopo, dimenticando che ogni crescita reale nasce dal contatto con ciò che è profondo, denso, scuro.
E così abbiamo costruito la geografia simbolica della nostra psiche:
- Il paradiso in alto, tra le nuvole.
- L’inferno in basso, sotto i piedi.
- Gli angeli alati, puri, leggeri.
- I demoni striscianti, pesanti, sommersi.
Eppure non ci siamo mai chiesti: che cosa stiamo evitando.
Scendere per potersi elevare
In realtà, il ritorno al basso è necessario. Non come punizione, ma come ritorno al punto zero. La vera elevazione non è fuggire verso l’alto, ma discendere nel corpo per trovare un nuovo slancio, proprio come fa l'atleta che per saltare si avvolge su se stesso prima di elevarsi.
Come il respiro che si contrae prima di espandersi.
Come il seme che affonda prima di germogliare.
Come il bambino che si raccoglie in posizione fetale prima di nascere.
Solo quando abbracceremo di nuovo la nostra natura bipolare, smettendo di giudicare il basso come indegno, potremo finalmente svilupparci.
Non solo evolverci, ma integrare.
E tu?
Hai mai sognato di cadere? Pensi che se smettessi di tenere verso l'alto il tuo corpo sarebbe gia pronto ad accoglierti e a sostenerti?
