Una comparsa recente nella storia umana
Per milioni di anni l’essere umano ha vissuto senza specchi. L’unica immagine riflessa che poteva incontrare era quella sfocata e instabile dell’acqua. Solo in epoche relativamente recenti – poche migliaia di anni fa – l’uomo ha cominciato a lucidare pietre come l’ossidiana, poi metalli come bronzo e rame, infine vetro e argento. Ma è solo con la produzione industriale, nell’Ottocento, che lo specchio è diventato oggetto quotidiano.
E da quel momento qualcosa è cambiato profondamente.
Un’immagine da aggiornare ogni giorno
Lo specchio ci ha donato qualcosa che prima non avevamo: un’immagine stabile e nitida di noi stessi. Un riflesso.
Ma non si è limitato a mostrarcelo. Lo ha trasformato in oggetto di pensiero.
Non ci limitiamo più a sentirci: ci osserviamo, ci valutiamo, ci confrontiamo con quell’immagine riflessa e, progressivamente, ci identifichiamo con essa.
Lì inizia una rivoluzione silenziosa.
Perché ciò che vediamo nello specchio non è mai solo ciò che siamo, ma ciò che crediamo che gli altri vedano. È un’immagine doppiamente filtrata: da noi stessi e dallo sguardo altrui.
Dal sentire all’apparire
Se non esistessero gli specchi, la nostra unica possibilità di conoscerci resterebbe il sentire. Il corpo non sarebbe giudicato, confrontato, misurato. Sarebbe abitato.
Saremmo costretti ad ascoltare la nostra postura, il respiro, le contrazioni, la fatica. A riconoscere le emozioni non da un’espressione riflessa, ma da una vibrazione interna.
L’enterocezione tornerebbe ad essere il nostro senso principale.
Ma con lo specchio, e con la moltiplicazione dei riflessi in ogni ambiente della nostra vita, qualcosa si è invertito. Non è più il corpo a dirci come stiamo, ma l’immagine.
Un’identità specchiata
Ci svegliamo e controlliamo il nostro volto. Ci cambiamo, ci sistemiamo, ci osserviamo.
L’immagine diventa un termometro interiore: ci sentiamo “bene” o “male” in base a ciò che vediamo, non a ciò che proviamo.
E questo non accade solo davanti allo specchio, ma ogni volta che ci pensiamo: la mente conserva quell’immagine e la consulta come fosse la mappa di ciò che siamo.
È un’identità riflessa, costruita da fuori e quando lo specchio non restituisce ciò che vorremmo, nasce il giudizio.
Il desiderio di correggere, cambiare, nascondere.
Il corpo, da casa, diventa progetto.
Narciso e il narcisismo moderno
Il mito di Narciso racconta di un giovane che, specchiandosi nell’acqua, si innamora della propria immagine fino a morirne.
Non è un amore per sé: è una fascinazione per ciò che vede, per un’immagine che non può possedere.
È quanto accade oggi a molti di noi: confondiamo il riflesso con l’identità, e rincorriamo l’approvazione che speriamo derivi da quell’immagine. Il narcisismo contemporaneo non nasce da un eccesso d’amore, ma da una frattura. Dalla paura di non essere abbastanza senza quella maschera.
Ritornare al corpo: un atto rivoluzionario
Basterebbe non guardarsi allo specchio per un anno o anche solo per un mese.
Basterebbe sospendere quel confronto quotidiano per permettere al corpo di tornare a parlare.
In assenza dell’immagine, non potremmo più identificarci con ciò che vediamo.
Saremmo costretti a riscoprire ciò che sentiamo.
A chiederci: come sto?, cosa provo?, in quale parte di me mi riconosco oggi?
Sarebbe un ritorno silenzioso e potentissimo: dal giudizio all’ascolto, dalla forma alla sostanza, dall’immagine al sentire.
Conclusione
Gli specchi hanno cambiato il nostro modo di conoscerci.
Hanno dato forma visiva all’identità, ma ci hanno anche allontanato dal corpo come esperienza viva.
Chiedersi chi saremmo senza specchi non è un esercizio teorico.
È un invito a ridurre la distanza tra ciò che siamo e ciò che sentiamo.
Perché solo tornando a sentirci da dentro possiamo smettere di rincorrere un riflesso e cominciare davvero a vivere.
Nota:
Chiunque abbia un cane sa, che prima che possa riconoscere la sua immagine allo specchio possono passare anni. Già solo questo potrebbe bastare a farci capire la deriva dell'essere umano, che vive lo stesso smarrimento di un cane quando si rispecchia nel proprio sentire.
Nota:
Chiunque abbia un cane sa, che prima che possa riconoscere la sua immagine allo specchio possono passare anni. Già solo questo potrebbe bastare a farci capire la deriva dell'essere umano, che vive lo stesso smarrimento di un cane quando si rispecchia nel proprio sentire.