Riprenditi te stesso
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Riprenditi te stesso

Quando smetti di abitare ruoli e aspettative, e rientri davvero nel tuo corpo, ritrovi te stesso. Come tornare a casa dopo un lungo esilio.


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Forse non te ne sei nemmeno accorto, ma da un po’ non sei più a casa.
Sì, sei nel tuo corpo. Ma solo in superficie.
Cammini, parli, decidi… ma non abiti davvero.

Ti sei adattato.

Hai vissuto fuori da te, in stanze provvisorie, in identità costruite per piacere, per proteggerti, per non sentire troppo.
Hai accantonato parti di te che non sapevi dove sistemare e l’Ego ha fatto il resto: ha costruito muri, regole, morali, abitudini. Hai finito per accamparti in una zona di passaggio, un po’ come quando, durante i lavori in casa, ti trasferisci nella stanza degli ospiti.

Ma il corpo, la tua vera casa, è rimasto lì.
Aspettava solo che tu tornassi, non ti ha mai giudicato, ha custodito tutto.
Ha tenuto il posto.

E quando cominci a togliere un po’ di polvere – tensioni, credenze, vergogne – qualcosa si apre, rientri, rientri dentro te stesso e ti sorprendi, ritrovi angoli dimenticati, spazi più ampi di quanto ricordassi, perfino il silenzio ha un suono diverso.

Riprendersi non è uno sforzo.

È un lasciar cadere, è un ritrovarsi nel gesto più semplice: un respiro, un appoggio, una presenza. Non devi più fingere, non devi più trattenere perché questa casa è tua.

E quando torni a viverla, tutto si ridisegna: il movimento, il pensiero, la voce.
Senti che il tuo corpo non è più un luogo da controllare o correggere…
…ma finalmente il luogo in cui puoi restare.


Excerpt

Quando smetti di abitare ruoli e aspettative, e rientri davvero nel tuo corpo, ritrovi te stesso. Come tornare a casa dopo un lungo esilio.

Note

  • L’articolo utilizza la metafora della casa per descrivere la condizione esistenziale di disconnessione e il processo di ritorno al sé corporeo.
  • La tensione descritta è quella creata dall’Ego: una struttura protettiva fatta di abitudini, moralismi e maschere sociali.
  • L’atto del “rientrare” non va inteso come regressione, ma come riappropriazione consapevole della propria interiorità incarnata.

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