L’ombelico del mondo
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L’ombelico del mondo

Sotto l’ombelico, in una zona nascosta e silenziosa, pulsa un centro dimenticato. Quando lo si incontra, la testa si spegne e il corpo intero si ricompone intorno a una nuova gravità. È lì che il sentire si fa profondo. Ed è lì che, forse, comincia la libertà.


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Ci sono territori del corpo che sembrano volerci parlare solo quando siamo davvero pronti ad ascoltarli. Uno di questi è il ventre. Ma non il ventre generico, quello dell'immaginario collettivo. Parliamo della zona appena sotto l’ombelico e più in profondità fino quasi alla zona corrispondente della schiena. Una terra intima, silenziosa, profonda di cui l'ombelico sembra essere la porta d'accesso.

Chiunque abbia intrapreso un serio percorso di ascolto corporeo sa che il contatto con questa regione non è immediato. Spesso ci vogliono mesi, a volte anni. Ma quando accade, si manifesta come una soglia che si apre. Come una stanza segreta nella casa del proprio sé che, finalmente, ci accoglie.

È difficile descrivere a parole cosa succede quando si entra davvero in contatto con questa parte di sé. L’energia cambia. La testa si ammorbidisce. Il torace si rilassa. Le gambe si sentono collegate, vive. E il respiro… il respiro diventa pieno, ampio, rotondo ma al contempo morbido e non pretenzioso. Sembra nascere proprio da lì.

Questa zona anatomicamente è al livello della terza vertebra lombare, ed è fiancheggiata lateralmente da due muscoli straordinari: gli psoas. Come due colonne profonde, sorreggono e attraversano il corpo collegando le gambe alla colonna vertebrale. Tra loro, scendono e si biforcano le due arterie principali: l’aorta addominale e la vena cava inferiore, veri e propri fiumi vitali che attraversano il centro del corpo e lo alimentano.

Proprio li, da questo crocevia, prendono forma altre due preziose parti di noi: il mesentere, che è una preziosa membrana che collega, nutre e sorregge il movimento dell'intestino e il duodeno che è il confine oltre il quale il cibo verrà assimilato e tradotto in energia.

Tutto in questa zona è circolare, pulsante e intimo. Un nucleo profondo capace di guidarci verso il nostro centro attraverso frequenze armoniose e impercettibili all'orecchio ma indispensabili all'anima.

Il luogo così centrale in cui si trova e la profondità che lo custodisce lo rende probabilmente uno delle prime rinunce a cui siamo costretti durante lo sviluppo. Ancora libero e integrato in un neonato, probabilmente già nei primi anni di vita buona parte delle persone smettono di viverlo appieno, lasciandosi indietro al contempo le fondamenta della spontaneità e della naturalezza.

Quando però, lentamente, torniamo a ricercarlo, è ancora li intatto e desideroso di restituirci quanto dovuto. Le tensioni cedono e il corpo comincia ad aprirsi, si percepisce qualcosa di nuovo. Da questo centro, con tutta la forza di una sorgente e tutta la memoria di un’origine, si irradia un’energia dolce e stabile. Una stella interiore. Una gravità che non tira in basso, ma tiene unito. Una voce silenziosa che dice: “Sei qui. Sei intero.”

È possibile che questo punto sia connesso a memorie ombelicali, legate alla nostra origine più antica, quando eravamo uno con un altro corpo. Oppure che qui risieda parte dell’energia descritta dalla tradizione come secondo chakra, sede della creatività, del desiderio, del piacere, della relazione. Trovandosi appena sopra il secondo e a ridosso del terzo chakra assume aspetti di uno e dell'altro. Da una parte la spontaneità e la naturalezza nell'esprimere liberamente ciò che siamo e dall'altra la forza per raggiungere e superare gli ostacoli che vi si frappongono.

È anche il punto da cui si genera, o si riassesta, la centralità posturale: quando viene toccato interiormente, tutto il corpo sembra riposizionarsi intorno ad esso. La testa perde la sua ipertrofia, le braccia si alleggeriscono, le gambe si radicano senza sforzo, e il cuore si sente finalmente supportato dal basso. La verticalità si trasforma in una danza, e il corpo, per un attimo, smette di opporsi a se stesso.

Molti approcci terapeutici cercano di raggiungere questa zona attraverso il lavoro sullo psoas. E hanno ragione: liberarlo è spesso necessario per accedere a questo centro. Ma chi ha vissuto quest’esperienza sa che lì si apre qualcosa di ben più grande. Una sorta di ricongiungimento. Un ritorno a casa. Un sentire commosso che non è più solo anatomico, ma esistenziale.

Ritrovare il centro non è solo un fatto di equilibrio posturale. È un fatto di presenza. E di verità.


Note

Mesentere

Anatomia:

  • Il mesentere è una doppia piega del peritoneo che connette l’intestino tenue alla parete posteriore dell’addome.
  • Contiene arterie, vene, vasi linfatici e nervi cruciali per il funzionamento intestinale.
  • È stato recentemente classificato come organo a sé stante per la sua funzione strutturale e regolativa.

Significato:

Il mesentere è legame fluido, contenimento silenzioso, radice mobile.
Rappresenta la capacità di tenere uniti gli aspetti interni, di reggere senza irrigidirsi, di nutrire senza trattenere. È il tessuto che ci ricorda come si può essere forti nel cedere, come le reti che reggono senza spezzare.
Nei vissuti corporei profondi può essere associato alla sensazione di sicurezza interiore, alla capacità di sentire che c’è qualcosa che ti tiene, anche nei momenti di svuotamento.


Duodeno

Anatomia:

  • Prima parte dell’intestino tenue (25–30 cm), forma una “C” che abbraccia la testa del pancreas.
  • Riceve la bile e il succo pancreatico, che neutralizzano l’acido gastrico e iniziano la vera digestione enzimatica.
  • Cruciale per l’assorbimento dei nutrienti e l’equilibrio acido-base.

Significato:

Il duodeno è soglia, filtro, integrazione.
È il luogo dove ciò che arriva dall’esterno comincia a diventare intimo.
Psicosomaticamente, è collegato alla capacità di accogliere ciò che ci arriva — eventi, parole, emozioni — senza bruciarci e senza respingerlo.
Quando è contratto o in disarmonia, può indicare una difficoltà ad integrare l’esperienza, a renderla propria senza rigetto o negazione. È la sede del “come lo digerisco?”.


Psoas

Anatomia:

  • Il muscolo ileopsoas è un potente flessore dell’anca, collegato direttamente alla colonna lombare e al femore.
  • Attraversa il bacino e si posiziona profondamente, accanto ai visceri.
  • Ha una relazione strettissima con diaframma, intestino, reni, e sistema nervoso simpatico.

Significato:

Lo psoas è spesso chiamato il muscolo dell’anima.
È il guardiano del corpo profondo, reattivo alla paura e all’allerta, ma anche al senso di protezione e intimità.
Ogni tensione emotiva importante – soprattutto legata a sopravvivenza, paura, vergogna, contatto – può cristallizzarsi qui.
Uno psoas contratto è un corpo pronto a scappare o a trattenere.
Uno psoas libero è un corpo radicato, aperto, sicuro.
Nel sentire profondo, sciogliere lo psoas permette una verticalità più naturale e una maggiore intimità col proprio centro interno.


Ombelico

Anatomia:

  • È il punto di cicatrizzazione del cordone ombelicale, che in vita fetale connette il corpo al nutrimento e alla vita.
  • È situato a livello della terza–quarta vertebra lombare, spesso in corrispondenza del centro di gravità.
  • Anatomicamente è il punto di convergenza di molte fasce, piani fasciali e tensioni addominali.

Significato:

L’ombelico è memoria di origine, centro dimenticato, radice del sentire.
È il primo luogo in cui siamo stati nutriti senza separazione, prima ancora di respirare, prima di scegliere.
Nel corpo adulto, il suo ascolto può evocare un senso di fusione, di connessione cosmica ma anche di fragilità primordiale.
Lavorare intorno all’ombelico – sia fisicamente che in ascolto – può riportare stati di regressione, ma anche esperienze profonde di reintegrazione.
È il vero centro del corpo: quello energetico, quello gestazionale, quello nascosto.


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Impara ad ascoltare la tua bussola interiore Siamo stati educati a cercare la verità con la testa. A seguire il filo della logica, a soppesare i pro e i contro, a costruire concetti, a dimostrare ragioni. Ci hanno insegnato che la verità è qualcosa da afferrare, da definire, da possedere. Ma se invece fosse qualcosa da sentire? Ci sono momenti in cui il corpo sa prima. Un incontro. Una scelta. Un paesaggio. Non lo sai spiegare, ma qualcosa si muove dentro: si apre, si allinea, respira. Non c’è


Redazione

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