Siamo cresciuti in un mondo in cui la verità è stata relegata al piano etico, trasformata in qualcosa da dire o non dire, da nascondere o esibire. Ma raramente la consideriamo per quello che è: un atto fisiologico, un movimento di rilascio, una possibilità di alleggerimento. Mentire – soprattutto a sé stessi – è un’attività che l’essere umano compie molto più spesso di quanto si creda, e spesso senza accorgersene. Non lo fa per malizia o per volontà di inganno, ma per proteggere qualcosa. Un’immagine, un’identità, una fragilità non ancora pronta a mostrarsi.
L’ego è il custode di queste bugie. Un custode attento, costruito nel tempo con le esperienze, i dolori, le aspettative degli altri. E come ogni costruzione, l’ego ha bisogno di essere mantenuto, rinforzato, difeso. Per farlo, spesso impone al corpo il silenzio. Stringe la gola, irrigidisce le spalle, trattiene il respiro. Tutto ciò che non può essere detto, tutto ciò che viene nascosto sotto il tappeto dell’inconscio, finisce per pesare sul corpo come una tensione costante.
Ma poi, a volte, succede qualcosa. Una parola detta, un segreto finalmente confessato, un momento di verità che squarcia il velo e lascia entrare l’aria. E il corpo reagisce. Si scioglie, si rilassa, respira. Come se finalmente non dovesse più proteggere nulla.
Chiunque abbia mai provato l’intimità di un momento autentico, sa di cosa si parla. Dire la verità, quando è il momento giusto, non è solo un gesto morale: è un atto terapeutico. Il sistema nervoso si acquieta, i muscoli lasciano andare la presa, le emozioni, finalmente accolte, scorrono libere.
Come nel confessionale, dove l’atto di raccontare – se fatto senza giudizio – ha un effetto che va ben oltre la dimensione religiosa. Non è la penitenza che cura, è la verità stessa che, uscita dal corpo, libera lo spazio per il sentire. Perché ciò che è nascosto richiede energia per essere trattenuto, e questa energia viene sottratta alla presenza, al piacere, alla vita.
Non si tratta di dire tutto, sempre. Non ogni verità è pronta a venire alla luce. Ma quando qualcosa dentro di noi spinge per essere detto, ascoltato, riconosciuto, allora forse è tempo di lasciarla emergere. Perché ciò che è vero non fa male. Fa spazio.
E tu?
Riesci a sentire il peso di una verità non detta che aspetta di essere liberata?
Ti sei mai sentito alleggerito da una verità?


Note
- Il termine “ego” qui è inteso come struttura difensiva costruita per rispondere a esigenze sociali, affettive o culturali, spesso inconsapevoli.
- L’analogia con il confessionale è da intendersi in senso archetipico: l’atto di “confessare” a sé stessi o a qualcuno di fidato può avere effetti regolatori sul sistema nervoso.
- Le tensioni croniche possono essere legate alla repressione di emozioni o verità non espresse, come studiato in ambito psicosomatico e neurofisiologico.