C’è un momento in cui il corpo chiama.
Non chiede uno sforzo, non pretende un risultato.
Semplicemente invita.
Un invito sottile, quasi timido, che spesso la mente tende a coprire con le sue urgenze, i suoi pensieri, i suoi progetti infiniti.
Ma il corpo, silenziosamente, continua a bussare.
A volte basta un divano morbido, un’amaca che dondola piano, una poltrona che accoglie. Il dolce far nulla non è assenza di attività: è spazio concesso al corpo per riempirsi di sé.
Mentre la mente si rilassa dalla sua frenesia, il respiro comincia ad allargarsi come un’onda lenta e tiepida. I confini interni, compressi per giorni sotto il controllo mentale, si distendono. Il sangue si distribuisce verso le estremità, le dita si scaldano, i piedi tornano a percepirsi pieni.
Come se il corpo si espandesse dall’interno, rioccupando lentamente il suo spazio naturale.
Come il liquido caldo di un grembo che avvolge e contiene.
L’abbandono vero non è stanchezza.
È la rinuncia attiva al controllo.
È il gesto silenzioso con cui permetti al corpo di prendersi la scena senza più l’invasione del pensiero.
Come quando ci si sdraia su un materassino e ci si lascia portare dalla corrente dell’acqua: non serve condurre, basta fidarsi del ritmo che il corpo conosce.
Più il pensiero allenta la presa, più la marea interiore prende vita.
Non c’è vuoto. C’è piena presenza.
Un’onda che sale e scende dentro di noi, mentre finalmente ci sentiamo tornare interi.
Il dolce far nulla è, in fondo, il primo gesto per tornare a sentire.
E tu?
Se oggi ti concedessi di non fare nulla, cosa sentiresti nel corpo?