Guardarsi indietro, per andare avanti
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Guardarsi indietro, per andare avanti

Abbiamo sviluppato una mente brillante, ma ne siamo diventati schiavi. Il passo che ci attende è semplice e radicale: reintegrare il pensiero nel corpo, il controllo nell’ascolto, la specie nell’umanità. Solo allora l’evoluzione tornerà a muoversi nella direzione della vita.


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Ormai da diverso tempo il genere umano, si trova davanti a un bivio. Davanti ad una scelta evolutiva. Non per una minaccia esterna, ma per il peso stesso della sua intelligenza. È il momento in cui la complessità che ha sviluppato rischia di diventare una gabbia. È lì che siamo oggi.

Per milioni di anni, l’evoluzione ha affinato i nostri sensi, raffinato il nostro sistema nervoso, e ci ha condotti – passo dopo passo – verso quella meraviglia che è la mente umana. Ma qualcosa si è incrinato lungo il cammino. Quello che doveva essere uno strumento al servizio del corpo e della relazione con il mondo, è diventato un’autorità interiore che decide, filtra, controlla, censura. La mente, che avrebbe dovuto aiutarci a esplorare la realtà, è diventata una centrale di comando che spesso ci separa da essa.

Il risultato? La nostra specie è quella più sviluppata ma al contempo la più infelice. Ogni essere umano tanto quanto la specie stessa porta con sé il peso dell'ego e della scissione che ne consegue.

L'egemonia del progresso e della grandezza a tutti i costi che ha prodotto benefici e malefici della nostra civiltà, sembra essere giunta ad un limite invalicabile e nemmeno immaginare nuovi territori marziani da esplorare e colonizzare può impedirci di fare i conti con lo scempio che abbiamo creato.

Eppure, una possibilità diversa c'è. Una svolta reale.

Non quella di interrompere il progresso, nè quella di rinunciare ai benefici della mente. La svolta reale può venire solo da un cambio di prospettiva nell'individuo così come nella società.
Dalla comprensione del fatto che la sofferenza che ci accompagna è il frutto di un passaggio evolutivo incompiuto.
Che dopo aver toccato un apice abbiamo bisogno di recuperare quello che ci siamo lasciati indietro per poter vivere davvero a quell'altezza.

La mente ha bisogno di rimettere quanto imparato al servizio del corpo che la ospita. Di restituire il maltolto e di esprimere la sua vera altezza che non può prescindere da ciò che la sostiene e che la compensa.

Gli altri mammiferi sono lì a mostrarci cosa abbiamo perso: una connessione immediata col presente, una capacità innata di regolare emozioni, stati, bisogni.

Non possiamo tornare indietro, né sarebbe evolutivo farlo.
Ma possiamo guardare a loro per ritrovare ciò che avevamo.
E poi andare oltre.

Perché l’evoluzione non è un ritorno: è un’integrazione.

Il nostro vero sviluppo come individui – e come specie – non è nell’imitare ciò che eravamo, ma nel recuperare la nostra interezza perduta, per mettere finalmente la nostra mente al servizio della vita e non della paura.
Una mente che non comanda ma collabora.
Che non reprime ma ascolta.
Che non divide ma comprende.

Questa trasformazione – lenta, sottile, ma inarrestabile – non riguarda solo il benessere individuale.

Riguarda il mondo che possiamo costruire.

Perché un essere umano che vive intero, che sente davvero, che si muove senza dover reprimere ogni impulso o censurare ogni fragilità, è un essere umano che non ha bisogno di esercitare potere sugli altri.

È un essere che può contribuire, creare, proteggere.
Il futuro non è un ritorno alla natura, né una fuga nella spiritualità disincarnata.
Il futuro è un ritorno a noi stessi.

Non solo come individui, ma come collettività che sa finalmente coniugare istinto e intelligenza, sentire e pensiero, terra e cielo.

Il prossimo passo è dentro.
Ma ci porterà molto lontano.


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Impara ad ascoltare la tua bussola interiore Siamo stati educati a cercare la verità con la testa. A seguire il filo della logica, a soppesare i pro e i contro, a costruire concetti, a dimostrare ragioni. Ci hanno insegnato che la verità è qualcosa da afferrare, da definire, da possedere. Ma se invece fosse qualcosa da sentire? Ci sono momenti in cui il corpo sa prima. Un incontro. Una scelta. Un paesaggio. Non lo sai spiegare, ma qualcosa si muove dentro: si apre, si allinea, respira. Non c’è


Redazione

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