Esseri unici - Episodio 6 L'ingresso della morale: il giudizio sul proprio sentire

Esseri unici - Episodio 6 L'ingresso della morale: il giudizio sul proprio sentire


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La capacità di inibire gli impulsi per assolvere un compito aveva dato all’essere umano un enorme vantaggio adattativo.
Potevamo sospendere il desiderio immediato per servire la funzione del gruppo.
Potevamo focalizzare l'attenzione su un ruolo preciso.
Potevamo controllare l’istinto per obbedire a un progetto collettivo.

Ma proprio in questa capacità nacque il terreno fertile per qualcosa di nuovo: il giudizio interiore.

Finché l’inibizione serviva solo a regolare i comportamenti visibili, l’equilibrio fisiologico era ancora in parte preservato.
Ma quando cominciammo a valutare non solo cosa facevamo, ma cosa provavamo, l’inibizione si spostò all’interno.

Non era più questione di contenere un gesto:
ora dovevamo anche controllare il nostro sentire.

Nacque la morale.

La morale non regolava più soltanto le azioni visibili, ma dettava quali emozioni, desideri o pensieri fossero accettabili o inaccettabili.
Non bastava trattenere la rabbia: bisognava non provarla.
Non bastava controllare la paura: bisognava negarla.
Non bastava moderare il desiderio: bisognava giudicarlo.

Il controllo non agiva più solo sui comportamenti esteriori, ma sulla fisiologia profonda.

Ogni volta che un'emozione naturale si scontrava con la morale sociale, il corpo doveva comprimere la propria risposta spontanea.
Ogni volta che un impulso non veniva autorizzato, il sistema nervoso doveva contenere l'energia che altrimenti si sarebbe espressa.

La tensione non era più temporanea.
Diventava stabile.

  • I muscoli trattenevano ciò che non poteva esprimersi.
  • Il respiro si riduceva per contenere l’agitazione interna.
  • Il sistema nervoso autonomo manteneva un costante stato di vigilanza.

Così prese forma l’inconscio.

Non come luogo misterioso della psiche, ma come deposito fisiologico di tutto ciò che era stato espulso dalla coscienza morale.

L’essere umano non reprimeva più solo gli impulsi.
Reprimeva la propria natura.

In questo meccanismo si consolidò il vero esilio dal corpo.


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