La manipolazione aveva insegnato alla mente a separare, riconoscere, definire.
La parola aveva trasformato ogni definizione in un simbolo sonoro.
Con la parola, nacque la possibilità di pensare.
Per la prima volta il pensiero anticipava l’azione.
Non era più necessario agire per scoprire cosa accadrebbe:
potevamo prevedere, progettare, immaginare gli esiti prima che accadessero.
Il gesto, prima spontaneo, divenne programmabile.
Questo nuovo potere permise qualcosa di completamente inedito nella storia dei mammiferi:
la capacità di sospendere un impulso per eseguire un compito più funzionale al contesto.
- Fermare l’istinto predatorio per coordinare una battuta di caccia.
- Rinunciare momentaneamente al proprio bisogno per aiutare il gruppo.
- Trattenere la fame per aspettare il momento giusto.
Nacque il controllo volontario sugli stati interni.
Fu qui che si aprì il grande varco della specializzazione:
- Chi sapeva costruire armi affinava costantemente la tecnica.
- Chi sapeva seguire le tracce dei branchi divenne cacciatore.
- Chi conosceva le erbe curative divenne guaritore.
- Chi osservava il cielo e le stagioni divenne guida o sacerdote.
Le funzioni sociali iniziarono a diversificarsi.
Questa nuova capacità di focalizzare l’attenzione su compiti specifici richiedeva una forza interiore prima sconosciuta:
l’inibizione.
- Inibire il desiderio immediato.
- Inibire la paura.
- Inibire la fame, il dolore, la stanchezza.
L’essere umano cominciava a specializzarsi proprio grazie alla capacità di reprimere momentaneamente la propria fisiologia.
La mente cominciava ad allenarsi a gestire l’orchestra corporea.
Ma ogni sospensione del sentire apriva, lentamente, una distanza.
Una distanza che ancora non era patologica.
Una distanza necessaria al funzionamento del gruppo.
Una distanza funzionale.
Senza questa distanza, nessuna società complessa sarebbe stata possibile.
Ma proprio in questa capacità di inibizione si trovava anche la radice della futura frattura interiore.