BioMAGIA Cap. 6 Malattia e sintomi: il corpo come nemico

BioMAGIA Cap. 6 Malattia e sintomi: il corpo come nemico

Quando il corpo viene escluso dal sentire, non smette di esistere, ma comincia a manifestarsi attraverso sintomi e disfunzioni. Ogni malessere racconta il tentativo estremo dell’organismo di riemergere nella percezione.


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Per lungo tempo il corpo ha retto il peso silenzioso della distanza.
Ha compensato gli squilibri, ha adattato le sue funzioni, ha trovato strategie per continuare a sostenere la vita anche quando la mente, per proteggersi, aveva cessato di abitarlo.

Non si trattava di un malfunzionamento, ma di un tentativo disperato di mantenere equilibrio in assenza di contatto.
Il corpo, escluso progressivamente dal sentire, ha continuato comunque a lavorare, tentando di riadattare i suoi ritmi ogni volta che un’emozione veniva repressa, un impulso inibito, un desiderio giudicato inaccettabile.

Ma il corpo non può essere ignorato indefinitamente.
Ciò che non viene ascoltato come percezione torna ad esprimersi in altra forma: quella del sintomo.

I sintomi non nascono per distruggere, ma per segnalare.
Rappresentano la voce residua di un organismo che, non potendo più essere percepito nella sua interezza, cerca comunque di farsi presente.
Non sono malattie nel senso comune del termine: sono manifestazioni fisiologiche di un sistema che chiede di tornare ad essere abitato.

Quando la tensione si fa cronica, il corpo la trattiene nei muscoli, irrigidendo aree che cessano di rilassarsi.
Quando le emozioni non possono più scorrere, il sistema viscerale altera i suoi ritmi, la digestione si disorganizza, il respiro si accorcia, il battito si innalza.
Il sistema immunitario, costretto a vivere sotto una stimolazione continua, perde la finezza della sua autoregolazione.
Il sonno, che richiederebbe un pieno abbandono al proprio interno, diventa irregolare, interrotto, spesso insufficiente.

Ogni sintomo racconta una storia precisa.
Il dolore che si cronicizza, l’ansia che non si spegne, l’intestino che si irrigidisce, la mente che non riesce più a fermarsi: ognuna di queste manifestazioni rappresenta un frammento del corpo che, nel silenzio dell’enterocezione esclusa, tenta ancora di segnalare la propria esistenza.

Ma l’essere umano moderno non riconosce più il sintomo come un richiamo.
Lo interpreta come un nemico.
Un malfunzionamento da correggere, un guasto da riparare, un problema da eliminare.

Così il corpo, già escluso dal sentire, viene ulteriormente trasformato in un oggetto tecnico.
Esami, diagnosi, protocolli farmacologici, terapie di contenimento diventano il linguaggio attraverso cui tentiamo di gestire ciò che non riusciamo più ad ascoltare.

La medicina moderna, nel suo sviluppo tecnico straordinario, ha reso possibile intervenire su ogni parametro fisiologico.
Ma ha anche, senza volerlo, contribuito a rafforzare l’illusione di un corpo separato da sé, ridotto a macchina da sorvegliare, mantenere efficiente, mantenere sotto controllo.

Prevenzione, monitoraggi continui, standard di normalità rigidamente misurati: tutto contribuisce a trasformare l’organismo in un sistema da osservare costantemente, alimentando ancor più la distanza dal proprio sentire profondo.

Il corpo diventa così fonte di ulteriore paura.
Non solo perché manifesta il sintomo, ma perché può ammalarsi, può cedere, può deludere.

Più il corpo esprime disagio, più viene vissuto come un traditore:

  • “Il mio cuore non funziona più come dovrebbe.”
  • “Il mio intestino si comporta in modo irregolare.”
  • “Il mio sistema immunitario si ribella.”
  • “Il mio corpo mi sta abbandonando.”

Non riconosciamo più che ciò che chiamiamo fallimento fisiologico è spesso il risultato estremo di anni in cui il corpo ha trattenuto, compensato e adattato ogni forma di repressione.
Il sintomo non è mai il principio del problema.
È la fase visibile di una lunga storia di separazione.

Anche la postura racconta questa storia silenziosa.
I corpi moderni assumono configurazioni che sono la memoria fisica della sorveglianza interiore:

  • toraci chiusi per proteggere il centro,
  • colli protesi in avanti a cercare fuori,
  • addomi contratti a trattenere il respiro e il sentire viscerale,
  • bacini rigidi incapaci di sostenere il movimento naturale.

Ogni deformazione posturale è la cronaca fisiologica di un’esistenza vissuta sotto la tensione del controllo.

Alla fine di questo percorso, il corpo, nato per essere casa, diventa un territorio invivibile.
Non lo abitiamo più, lo gestiamo.
Non ci sentiamo più al suo interno, lo osserviamo dall’esterno.

Eppure, anche in questo stato estremo, il corpo non ha mai cessato di tentare di tornare visibile.
Ogni dolore, ogni alterazione, ogni disfunzione è ancora una porta rimasta aperta.
Non è il corpo che fallisce.
È la distanza dal corpo che ha generato il suo stesso malessere.

Recuperare l’interezza non significa eliminare il sintomo, significa cessare la sorveglianza e permettere al corpo di essere finalmente riabitato.


Note tecniche

  • Somatizzazione e fisiologia del sintomo:
    van der Kolk B. — The Body Keeps the Score (2014);
    Scaer R. — The Body Bears the Burden (2007).
  • Alterazione cronica del SNA e malattia funzionale:
    Sapolsky R.M. — Why Zebras Don’t Get Ulcers (1994);
    Porges S.W. — The Polyvagal Theory (2009).
  • Postura e memoria somatica:
    Levine P.A. — Waking the Tiger (1997);
    Ogden P. — Sensorimotor Psychotherapy (2006).
  • Medicalizzazione del corpo e tecnicizzazione della salute:
    Ehrenberg A. — La fatigue d’être soi (1998);
    Foucault M. — Surveiller et punir (1975).

BioMAGIA Cap. 7 Il pieno recupero dell’interezza
L’interezza non si raggiunge, si permette. È il ritorno ad una condizione fisiologica originaria in cui il corpo torna ad essere pienamente abitato, senza più sorveglianza né controllo.
BioMAGIA Cap. 5 La paura di sé: il vero ostacolo al ritorno
L’essere umano non teme più solo il mondo esterno: teme ciò che potrebbe emergere dal proprio interno. La paura di sé attiva una sorveglianza costante sul sentire, alimentando l’esterocezione, l’ansia e il controllo cronico della fisiologia.
Ansia – quando il pericolo non ha volto
L’ansia non nasce da un pericolo reale, ma dal tentativo di sorvegliare ciò che potrebbe emergere dal proprio interno e contemporaneamente difendersi dal giudizio esterno. Una paura senza volto che mantiene il corpo in costante allerta.

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