BioMAGIA Cap. 9 L’Ego: la struttura che resiste al ritorno

BioMAGIA Cap. 9 L’Ego: la struttura che resiste al ritorno

L’Ego nasce per proteggerci dal contatto diretto con il corpo e le sue istanze interiori. Ma l’interezza emerge solo quando la sorveglianza dell’Ego si scioglie e il corpo torna ad essere il vero centro dell’identità.


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Per comprendere fino in fondo cosa renda così difficile tornare ad abitare pienamente il proprio corpo, occorre incontrare un ultimo protagonista di questa lunga storia evolutiva: l’Ego.

Nel percorso che abbiamo tracciato, abbiamo visto come l’essere umano abbia progressivamente abbandonato la sua naturale autoregolazione corporea per sviluppare una sofisticata capacità di gestione cognitiva, sociale, morale.
Questa capacità non è nata per errore, né per debolezza, ma come risposta adattativa alla complessità crescente delle relazioni, dei ruoli, delle strutture collettive.

In questa complessità, il corpo ha cominciato ad arretrare e la mente ha assunto il governo di aspetti sempre più ampi dell’esperienza umana.
L’Ego nasce esattamente da questa funzione di compensazione e di controllo.

Non è un'entità esterna, non è un difetto, non è un nemico.
È una struttura mentale che ha svolto il compito necessario di mantenere stabile l'identità mentre il contatto diretto con il proprio interno veniva progressivamente attenuato.

La costruzione dell’Ego: un adattamento fisiologico

L’essere umano, per vivere dentro le regole sociali che egli stesso ha creato, ha dovuto imparare a gestire non solo i comportamenti esteriori, ma soprattutto i propri moti interiori.

  • Non poteva esprimere ogni impulso, perché l’appartenenza al gruppo richiedeva contenimento.
  • Non poteva manifestare ogni emozione, perché le dinamiche collettive imponevano ruoli stabili e prevedibili.
  • Non poteva agire ogni desiderio, perché la sopravvivenza della comunità richiedeva sacrifici, rinunce, adattamenti.

Così, per mantenere questa disciplina interna, la mente ha elaborato un sistema di vigilanza permanente, incaricato di filtrare ciò che poteva o non poteva emergere nel campo della coscienza.
Questo filtro selettivo e continuo è ciò che chiamiamo Ego.

L’Ego ha costruito giorno dopo giorno l’immagine di noi stessi compatibile con la società in cui viviamo, respingendo al margine — spesso nell’inconscio — tutti quei contenuti percepiti come incompatibili, pericolosi, inaccettabili o destabilizzanti.

Il prezzo della sorveglianza continua

Per svolgere questa funzione di controllo, l’Ego ha dovuto esercitare una costante sorveglianza sulle percezioni interiori.
Ogni emozione, ogni impulso, ogni sensazione viscerale passava attraverso la sua lente selettiva.

  • Se ciò che emergeva era considerato accettabile, poteva manifestarsi.
  • Se invece minacciava l’equilibrio dell’identità costruita, veniva trattenuto, silenziato, deviato.

Ma il corpo non cessa di produrre ciò che è stato rimosso.
Le emozioni non elaborate, le tensioni trattenute, i bisogni compressi continuano a vivere nella fisiologia profonda, alterando i ritmi, irrigidendo i muscoli, comprimendo il respiro, squilibrando il sistema autonomo.

L’Ego, per sopravvivere, ha dovuto diventare anche il gestore di questa distanza crescente dal corpo.
Ogni volta che una percezione interna tentava di riaffiorare, veniva immediatamente controllata da una nuova attivazione cognitiva:

  • pensieri giustificanti,
  • razionalizzazioni rassicuranti,
  • giudizi morali,
  • strategie di distrazione,
  • compulsioni verso l’esterno.

Il corpo come territorio da sorvegliare

Nel tempo, il corpo è stato trasformato in un luogo ambiguo:
non più casa da abitare, ma spazio da monitorare.

  • Ogni sintomo diveniva un segnale di pericolo.
  • Ogni tensione veniva interpretata come un difetto da correggere.
  • Ogni malessere veniva affrontato come un nemico da combattere.

L’Ego ha consolidato un modello di esistenza in cui la mente governa e il corpo esegue.
Ma più la mente tentava di gestire il corpo dall’alto, più il corpo si irrigidiva nella sua sofferenza sommersa.

Il risultato è la separazione profonda che ancora oggi caratterizza l’essere umano moderno: una mente iperattiva che sorveglia un corpo sempre più silenzioso e disabitato.

L’Ego come resistenza fisiologica al ritorno

Quando il percorso di ritorno al corpo ha inizio, l’Ego si trova improvvisamente a fronteggiare un cambiamento che percepisce come destabilizzante:

  • la progressiva riemersione delle percezioni profonde,
  • il riattivarsi delle emozioni silenziate,
  • l’ampliamento dello spazio interiore non più sotto controllo razionale.

Per l’Ego, tutto ciò rappresenta una perdita di funzione:
meno controllo, meno sorveglianza, meno dominio sul sentire.

È per questo che, proprio nelle prime fasi del ritorno al corpo, emergono le resistenze più sottili e persistenti.

  • Paure vaghe che affiorano all’idea di ascoltarsi.
  • Dubbi razionali che tentano di rimettere tutto nel linguaggio mentale.
  • Giustificazioni pratiche che rimandano il contatto con il sentire.
  • Impulsi di controllo persino sul modo di ascoltare il proprio corpo.

La dissoluzione progressiva del controllo

Il ritorno all’interezza non avviene come un evento improvviso, ma come un lento riassestamento.
Ogni volta che il corpo viene nuovamente percepito, ogni volta che uno spazio interno viene riabitato, l’Ego perde una piccola porzione del suo controllo sulla fisiologia.

Questo processo non avviene per sforzo o volontà.
Non si può combattere l’Ego con l’Ego.

Il controllo mentale, per quanto raffinato e intelligente, non ha accesso ai meccanismi fisiologici profondi.
L’interezza riemerge non perché la mente la produce, ma perché la sorveglianza mentale si scioglie.

I momenti di resistenza

Proprio per questa ragione, lungo il percorso emergono spesso fasi in cui l’Ego tenta di riprendere il proprio spazio:

  • improvvise inquietudini al momento di ascoltare il corpo;
  • tentativi inconsapevoli di "osservare" invece che "sentire";
  • bisogno di spiegare razionalmente ciò che sta accadendo dentro;
  • paura che l’abbandono del controllo possa generare vulnerabilità.

Queste resistenze non sono errori, ma parte stessa del movimento di scioglimento.

L’Ego, non più abituato a non governare ogni cosa, fatica ad accettare il vuoto di controllo come nuova condizione naturale.
È necessario attraversare queste soglie con gentilezza, senza opposizione, senza forzare.

La soglia più sottile: l’identità senza immagine

Quando il processo prosegue, ciò che gradualmente viene meno non è solo il controllo sulle sensazioni, ma il bisogno stesso di possedere un'immagine definita di sé.

L’identità si scioglie come costrutto mentale rigido, per trasformarsi in una presenza piena, incarnata, che non necessita più di essere descritta, approvata o misurata.

Si torna ad essere, prima ancora di sapere chi si è.

La mente non scompare, ma cessa di essere il perno attorno a cui ruota l’esistenza.

Il corpo come fondamento dell’identità

Nel pieno recupero dell’interezza, il corpo non è più il contenitore della coscienza:
diventa la coscienza stessa.
Ogni spazio interno è abitato dalla propria presenza.

  • Il respiro scorre libero.
  • I muscoli profondi sostengono senza sforzo.
  • I visceri pulsano nel loro ritmo naturale.
  • Il sistema nervoso oscilla tra attivazione e recupero senza sorveglianza.

Il sé torna ad essere organismo vivente,
non più rappresentazione mentale.

L’Ego, alleggerito della sua funzione di sorveglianza, rimane a servizio del vivere quotidiano:
gestisce il linguaggio, organizza l’azione, facilita la relazione sociale.
Ma il suo dominio sul sentire si dissolve.

Il vero centro torna a essere interno

In questa nuova condizione, il corpo non è più il luogo da proteggere o da sorvegliare:
è il centro stabile da cui si guarda il mondo, senza esserne trascinati.

  • Il dentro non spaventa più.
  • Il fuori non minaccia più.
  • Il senso di sé è completo, pieno, interiore.

L’interezza è finalmente diventata il fondamento dell’esistenza.
E l’Ego ha potuto cedere il suo trono.

Appendice teoria #3 - L’Ego
L’ego è il sé identificato con la parte ammessa alla coscienza. Ma è solo attraversando quella soglia che possiamo ritrovare la nostra interezza.

Note tecniche Capitolo 9

  • Damasio A. — Self Comes to Mind (2010)
  • Siegel D. — The Developing Mind (2012)
  • Levine P.A. — In an Unspoken Voice (2010)
  • van der Kolk B. — The Body Keeps the Score (2014)
  • Gendlin E. — Focusing (1978)
  • Schore A.N. — Affect Regulation and the Origin of the Self (1994)


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