BioMAGIA Cap. 8 La pratica del ritorno

BioMAGIA Cap. 8 La pratica del ritorno

L’interezza non si conquista, si lascia accadere. Il corpo conosce la strada del ritorno e guida il processo, riempiendo progressivamente lo spazio interno non appena la sorveglianza mentale si dissolve.


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Per anni abbiamo costruito spiegazioni, tecniche, metodi.
Abbiamo creduto che bastasse comprendere per poter finalmente abitare il corpo.
Ma la separazione non si dissolve con la conoscenza.
L’interezza non è un traguardo intellettuale. È un'esperienza incarnata, che appartiene al corpo stesso, non alla mente che lo osserva.

Ritornare nel corpo non significa apprendere qualcosa di nuovo,
ma smettere progressivamente di impedire al corpo di farsi sentire.

Il corpo conosce la strada del ritorno.
Ed è la stessa strada che ha percorso per uscirne.
I suoi richiami non sono casuali, seguono una logica precisa: rispettano la postura acquisita, il livello di equilibrio psicofisico, la disponibilità fisiologica e la prontezza interiore di chi ascolta.
Ogni passaggio emerge quando il sistema può contenerlo.


Non un esercizio da eseguire, ma uno spazio da concedere

La pratica del ritorno non consiste in un’esecuzione meccanica di gesti, né nell’applicazione di regole.
Consiste piuttosto nel creare condizioni che permettano al corpo di riattivare ciò che conosce da sempre.
Non è la mente a guidare il processo:
è il corpo che, non appena trova sufficiente sicurezza fisiologica, riapre progressivamente i suoi canali percettivi.

Il ritorno non accade perché decidiamo di ascoltare, ma perché smettiamo di trattenere.
Non serve forzare un rilassamento, né imporsi uno stato di quiete:
serve soltanto sottrarsi al controllo che da anni inibisce ogni espansione sensoriale.


La soglia del rientro: il sentire che riemerge

Quando la sorveglianza si scioglie, le prime sensazioni che si presentano non sono sempre piacevoli.
Ciò che è stato trattenuto nel tempo — tensioni, emozioni represse, conflitti interni — trova ora lo spazio per riemergere.

  • I muscoli raccontano le contrazioni mantenute per anni.
  • Il respiro mostra la sua limitazione e la sua paura di espandersi.
  • I visceri svelano l’irregolarità dei loro ritmi interrotti.
  • Il battito cardiaco porta la memoria degli stati di allerta trattenuti.

Questo non è un ostacolo.
È il corpo che riapre il dialogo interrotto.


Gli occhi chiusi e la regolazione dell’ascolto

Spesso, all’inizio del percorso, la riduzione degli stimoli esterni può favorire l’ingresso nello spazio interno.
Chiudere gli occhi, stare in un ambiente quieto, ridurre il rumore sensoriale:
sono strumenti che permettono temporaneamente di attenuare l’esterocezione e rendere più accessibile il sentire profondo.

Ma il corpo non è progettato per dipendere dall’isolamento per sentirsi.
I mammiferi restano pienamente interi anche mentre interagiscono con l’ambiente.
Si muovono, osservano, annusano, ascoltano — eppure non smettono di sentirsi da dentro.

Il ritorno all’interezza non può dipendere dal chiudersi al mondo,
ma dal ricostruire la capacità di essere presenti dentro se stessi anche mentre si attraversa il fuori.

All’inizio, l’assenza di stimoli può agevolare.
Ma il percorso vero è la progressiva capacità di vivere l’interezza in qualunque condizione, senza perdere il proprio asse interno.


La direzione non la sceglie la mente, la conduce il corpo

Il corpo non forza il rientro.
Lo calibra.
Rispetta i tempi, le capacità, il margine di disponibilità della persona.

  • Quando una tensione profonda è pronta, emerge.
  • Quando un segmento corporeo può rilassarsi, si espande.
  • Quando un’emozione trattenuta trova sicurezza, risale.

Il corpo non precipita il processo.
Lo modula secondo un’intelligenza antica che la mente non può gestire.


La pienezza che si ricostruisce

Man mano che i livelli di sorveglianza si sciolgono, il corpo inizia a riempirsi nuovamente della propria presenza.

Non è un pieno di sensazioni indotte, né di stati piacevoli ricercati artificialmente.
È una densità percettiva che si espande in profondità:

  • ogni muscolo riprende il suo ruolo naturale di sostegno e rilascio,
  • il respiro occupa l’intero spazio addominale,
  • i visceri tornano ad avere un proprio ritmo fluido,
  • il battito cardiaco cessa la sua vigilanza e danza intorno al presente.

La mente osserva.
Il corpo guida.


Non la tecnica, ma il ritorno a casa

Nessuna tecnica può produrre l’interezza.
Nessuna strategia mentale può creare l’ascolto.
L’interezza non si apprende, non si raggiunge, non si ottiene per volontà.

L’interezza si lascia accadere.
E il corpo sa come farlo.

Tutto ciò che occorre è sospendere la sorveglianza e offrire al corpo lo spazio perché possa riemergere.
Non è la mente a riportarci nel corpo.
È il corpo a riprendersi la mente, quando gli viene restituita la possibilità di essere pienamente abitato.


Note tecniche Capitolo 8

  • Neurofisiologia del ritorno interocettivo:
    Craig A.D. — How Do You Feel? (2015);
    Damasio A. — Self Comes to Mind (2010).
  • Rilascio graduale del controllo somatico:
    Levine P.A. — In an Unspoken Voice (2010);
    Ogden P. — Sensorimotor Psychotherapy (2006).
  • Riadattamento del sistema autonomo e plasticità fisiologica:
    Porges S.W. — The Polyvagal Theory (2009);
    Sapolsky R.M. — Why Zebras Don’t Get Ulcers (1994).
  • Processo non volontario di reintegrazione somatica:
    van der Kolk B. — The Body Keeps the Score (2014).

Connessioni e approfondimenti


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