Se tutto il lungo viaggio che abbiamo attraversato fino a qui ha un senso, lo si può riconoscere solo guardando ciò che accade quando il corpo torna finalmente a casa. Non c’è nulla di soprannaturale. Non parliamo di poteri misteriosi né di straordinarie capacità esoteriche. La vera magia del corpo è la fisiologia stessa, quando può finalmente esprimersi senza interferenze.
Il corpo sa farlo da sempre. L’organismo possiede, nella sua architettura profonda, tutte le competenze necessarie per regolare se stesso, per guarire, per trovare equilibrio e stabilità. Ciò che chiamiamo “magia” non è altro che il pieno funzionamento di quella intelligenza organica che la mente, per troppo tempo, ha tentato di sorvegliare e sostituire.
La salute come ordine spontaneo
Quando la sorveglianza dell’Ego si allenta e il corpo torna ad essere pienamente percepito, le tensioni profonde cessano di alimentare squilibri e sovraccarichi.
- Il sistema nervoso autonomo ritrova la sua oscillazione fluida tra attività e recupero.
- I sistemi ormonali si riequilibrano senza interventi esterni.
- Le infiammazioni croniche si riducono gradualmente.
- La funzione immunitaria si stabilizza e diventa più efficiente.
La salute non è uno stato da mantenere sotto controllo, ma un ordine fisiologico che emerge spontaneamente quando il corpo è intero.
Il benessere esistenziale
La vera felicità non è fatta di picchi euforici. Non è il risultato di eventi favorevoli o di conquiste esteriori. È la piena percezione di sé nel momento presente.
Quando il corpo è pienamente abitato:
- il respiro scorre ovunque senza costrizione,
- la postura diventa stabile senza rigidità,
- l’energia vitale fluisce senza sprechi,
- l’interezza corporea si manifesta come una pienezza silenziosa.
Questa condizione non produce eccitazione: produce pace. Un benessere esistenziale che si traduce in quella semplice ma profonda sensazione di essere al proprio posto, qui e ora.
Ma in questa esperienza di pienezza si affaccia qualcosa di ancora più sottile, che va oltre la semplice assenza di tensione. Ciò che progressivamente riemerge, quando il corpo viene liberato dal controllo e dalla frammentazione, è una memoria antica: la stessa condizione che apparteneva al neonato, immerso in uno stato di interezza non ancora disturbata. Come il piccolo che riposa nel grembo, come l’animale che respira senza turbamento, l’organismo ritrova un senso profondo di appartenenza al flusso stesso della vita. Non si tratta di recuperare emozioni rimosse — che pure fanno parte del viaggio — ma di riscoprire quella pienezza originaria che precede ogni perdita, ogni mancanza, ogni adattamento. È l’esperienza primaria dell’essere al mondo: interi, semplicemente.
Il ritmo fisiologico del percorso
Nel viaggio di ritorno al proprio corpo, non conta la velocità. Non esiste una meta da raggiungere, né una performance da esibire. Il vero movimento è la qualità con cui attraversiamo il percorso.
Ci saranno momenti in cui percepirai aperture improvvise, come schiarite che illuminano il sentire. E ci saranno momenti in cui la mente tornerà a resistere, a chiudersi, a controllare. Non sono fallimenti. Sono le naturali ondulazioni del processo. Il corpo non procede in linea retta: respira, avanza e si ritrae, si apre e si protegge.
Rispettare questi tempi fisiologici significa abbandonare l’ansia del risultato e accogliere il viaggio per ciò che è: una progressiva riappropriazione di spazi interiori che da tempo erano stati messi a tacere.
L’autoguarigione come capacità fisiologica
Ogni organismo sano possiede naturali processi di riparazione:
- i tessuti si rigenerano,
- i sistemi interni si riequilibrano,
- le disfunzioni temporanee vengono compensate e risolte.
Quando il corpo vive costantemente in allerta, questi processi vengono ostacolati dalla sovrastimolazione simpatica. Quando invece la sorveglianza mentale si riduce e l’enterocezione viene ripristinata, il corpo ritrova la via della propria autoregolazione profonda.
L’autoguarigione non è un’eccezione: è il compito naturale di ogni fisiologia libera.
Il tempo interiore: passato, presente e futuro
Rientrare pienamente nel corpo non significa solo vivere meglio il presente. Significa anche ritrovare un nuovo equilibrio rispetto al proprio tempo interiore.
- Il passato può essere guardato senza che produca più minacce o sensi di colpa: gli eventi non diventano più ferite attive, ma semplici memorie che non invadono più la fisiologia.
- Il presente viene abitato con una densità nuova, piena, senza bisogno di inseguire o fuggire.
- Il futuro può essere progettato con lucidità, senza ansia, senza l’urgenza di dover sempre compensare mancanze interiori.
L’interezza corporea restituisce anche al tempo la sua dimensione sana.
Relazioni piene e autentiche
Quando il corpo è pienamente abitato, anche il modo in cui ci relazioniamo agli altri cambia profondamente.
- Non cerchiamo più nelle relazioni conferme identitarie.
- Non pretendiamo più che gli altri colmino vuoti interiori.
- Non ci sentiamo più minacciati dalla vulnerabilità altrui.
- Siamo più disponibili ad ascoltare e meno reattivi.
La relazione diventa scambio, non compensazione. Incontro, non lotta per l’approvazione. La presenza piena in sé diventa la base fisiologica di ogni vera intimità.
La semplicità ritrovata
In fondo, l’interezza non aggiunge nulla a ciò che siamo. Ci restituisce solo ciò che il corpo ha sempre saputo fare.
- Respirare.
- Percepire.
- Regolare.
- Riparare.
- Sentire.
- Stare.
Questa è la vera magia del corpo: non qualcosa di eccezionale, ma il semplice ritorno alla piena espressione della propria natura vivente.
Note tecniche e fonti
- Damasio A. — The Feeling of What Happens (1999)
- Porges S. — The Polyvagal Theory (2009)
- Sapolsky R. — Why Zebras Don’t Get Ulcers (2004)
- Stephen W. Porges — Clinical Applications of the Polyvagal Theory (2014)
- Antonio Damasio — Self Comes to Mind (2010)
- Levine P. — Waking the Tiger (1997)
- A. Lowen — Bioenergetica (1975)