Avatar: il corpo che non ha perso se stesso
Photo by Julia Lopes / Unsplash

Avatar: il corpo che non ha perso se stesso

In Avatar i corpi sono ancora individui interi: la personalità non ha deformato la fisiologia. L’assenza di ruoli egoici permette ai Na’vi di vivere in un corpo fluido, non separato, in ascolto costante della vita. Jake Sully compie il viaggio del ritorno al corpo.


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Nel mondo di Avatar i corpi appaiono perfetti, simmetrici, armonici. Tutti i Na’vi sembrano simili, come se la natura avesse copiato lo stesso stampo. Non ci sono schiene curve, spalle rigide, petti gonfi, menti incastrate nei muscoli. I loro corpi fluiscono nello spazio come prolungamenti della natura stessa. Perché?

Per comprenderlo dobbiamo osservare cosa non è successo in quella civiltà. I Na’vi non hanno costruito ruoli identitari rigidi, non hanno generato personalità difensive, non hanno sviluppato un Ego separativo che li obbligasse a modellare il corpo come armatura sociale. La loro identità nasce dalla connessione, non dalla frammentazione.

Nella nostra specie, la personalità non è solo una funzione mentale. È un’intera struttura psico-fisica che scolpisce il corpo: irrigidisce, piega, compensa, deforma. I tratti caratteriali che chiamiamo “ego” o “personalità” si manifestano visibilmente: il petto in fuori dell’arrogante, le spalle chiuse del timoroso, il collo teso del controllante, la mandibola serrata dell’ansioso.

I Na’vi non conoscono questa deviazione. Vivono immersi in un flusso sensoriale costante, in relazione continua con Eywa — la rete vivente che collega tutte le forme di vita su Pandora. L’io separativo non ha motivo di emergere. Non esiste la necessità di recitare ruoli per essere riconosciuti, né quella di difendere un’identità personale come zona di sicurezza.

Così la fisiologia rimane intera. Il corpo dei Na’vi è ancora il puro organismo: respira, sente, si muove e si regola senza la distorsione adattativa che da noi ha trasformato il corpo nell’abitazione dell’Ego.

Anche il percorso di Jake Sully è simbolicamente il viaggio di ritorno al corpo. Costretto inizialmente in una sedia a rotelle, incapace di abitare pienamente il proprio spazio fisiologico, solo nell’Avatar trova la riconnessione sensoriale completa: camminare, respirare, sentire. Ma soprattutto: appartenere di nuovo.

In fondo, la trama di Avatar è la narrazione di una possibilità che la nostra specie ha perso: restare individui interi, senza diventare maschere.

E tu?

Come ti senti, se ti immagini un Avatar? Un corpo che non ha dovuto deformarsi per proteggerti.


Note bibliografiche

  • Reich W. — Analisi del Carattere (1933)
  • Lowen A. — Bioenergetica (1975)
  • Damasio A. — Self Comes to Mind (2010)
  • Cameron J. — Avatar (2009)


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