Eravamo appena arrivati in spiaggia: il tempo di stendere i teli, sfilare magliette e pantaloni, e due ombrelloni più in là qualcosa cattura l’attenzione.
Un uomo tedesco inizia a inveire contro la moglie, immobile sulla sdraio. Non era una scenata fuori scala; era piuttosto una voce tagliente e spezzata, lo sguardo contratto, la mascella serrata, i gesti nervosi e angolari che tagliavano l’aria. Forse era il luogo – la spiaggia, il sole, il rumore basso delle onde – a rendere tutto più stonato.
In pochi secondi il pubblico di cui facevamo parte si è contratto: sdegno, sorpresa, imbarazzo, fastidio, mormorii, occhi che si cercano. Poi un uomo lascia la sdraio per allontanarsi verso l’acqua.
A ripristinare l’ordine ci pensa un cagnolino minuscolo che, al vocione dell’uomo, risponde abbaiando con ancora più foga. La padroncina lo trattiene con una mano, ma ormai l’attenzione di tutti si è spostata: l’uomo sbuffa, si allontana, la tensione scivola via e, mentre il cagnolino continua a protestare, compaiono sorrisi.
E l’ansia? C’entra eccome, anche se ci arriveremo per passi.
L’ansia: l’emozione moderna dell’Homo sapiens
L’ansia non è la paura. La paura è un riflesso antico, situazionale: scatta davanti a un pericolo reale e presente, prepara alla fuga o alla difesa. L’ansia, invece, non ha un oggetto preciso: vive nel vuoto del futuro, si alimenta di ipotesi, immaginazione e pensiero.
Per questo la chiamo emozione moderna: nasce insieme alla nostra mente simbolica, al linguaggio, alla capacità di proiettarsi in scenari.
Nessun altro mammifero sperimenta ansia: gli animali conoscono la paura, ma non l’angoscia di ciò che potrebbe accadere.
A livello statistico, circa il 10% della popolazione mondiale ha sofferto almeno una volta di ansia diagnosticata. Se aggiungiamo chi non la riconosce, non la tratta o la vive come condizione “normale”, la percentuale reale è molto più alta. Non è azzardato ipotizzare che almeno 5 persone su 10 abbiano avuto esperienza di ansia, in forme più o meno marcate.
Eppure i numeri restano riduttivi: io ti mostrerò perché in realtà l’ansia riguarda la quasi totalità degli esseri umani, e probabilmente anche te.
Conosci quella irrequietezza sottile che di tanto in tanto ti abita? Non ha un volto preciso, ma ti fa percepire tutto come minaccioso:
“Piove, e adesso come faccio?”
“Se il capo mi chiede di fermarmi, cosa gli dico?”
“Non finirò mai in tempo prima che arrivino gli ospiti!”
È quello stato di fondo che ti fa sentire accerchiato, come se stessi sempre sull’orlo di un precipizio invisibile.
Il presupposto: l’inconscio
Il presupposto dell’ansia è l’inconscio.
Se non esistesse l’inconscio, non esisterebbe nemmeno l’ansia come la conosciamo.
L’inconscio è l’insieme delle parti di noi – emozioni, ricordi, posture, comportamenti – che abbiamo rifiutato o rimosso dalla coscienza perché giudicate “inadatte”: dall’educazione, dalla morale, dal costume sociale. Prima dagli adulti di riferimento, poi, per imitazione e difesa, da noi stessi.
L’ansia è la paura di noi stessi: il timore che quelle parti rimosse tornino a esprimersi, esponendoci (come quando eravamo bambini) al giudizio, alla disapprovazione, al rischio di essere rifiutati.
Nota profonda
Oltre agli strati “biografici”, l’inconscio porta con sé componenti ereditarie – il corredo familiare fatto di tendenze, limiti, talenti – e componenti legate alla nostra traiettoria evolutiva di specie, che in BioMAGIA esploriamo in Evoluzione Programmata e Il Codice Bipolare.
Il conflitto: Personalità vs Sé inconscio
L’inconscio non è un magazzino impolverato che resta inerte. È vivo e preme costantemente per esprimersi. Da qui il conflitto interiore: la Personalità – ciò che mostriamo per essere accettati – prova a mantenere il controllo; il Sé inconscio spinge per emergere.
La paura, allora, nasce così: se la Personalità perde la presa, potremmo essere visti per come non vogliamo apparire.
E siccome è inconscio, non sappiamo bene di cosa abbiamo paura: percepiamo solo l’allarme.
La ciliegina fisiologica: allerta verso l’esterno
La paura – emozione antica – innesca risposte ormonali che spostano l’attenzione sull’esterno: aumentano vista, udito, olfatto, diminuisce l’ascolto del corpo. È un programma antico dei mammiferi: scova il predatore, cerca la via di fuga.
Con una differenza: gli altri mammiferi temono ciò che viene da fuori; noi temiamo anche ciò che nasce da dentro.
Risultato: viviamo in ipervigilanza esterocettiva, cercando fuori la minaccia che in realtà si muove dentro.
Così il capo, la pioggia, gli ospiti diventano predatori simbolici: occasioni che rischiano di far crollare il nostro fragile autocontrollo.
Ritorno alla spiaggia: il giudizio come specchi
Perché l’uomo ci ha indignati e il cagnolino ci ha fatto sorridere?
Perché nell’uomo abbiamo visto (e giudicato) qualcosa che noi stessi reprimiamo. “Così non si fa; non qui; non con quella persona.” È la corazza che si attiva: ci irrigidiamo, ci indigniamo, rimettiamo a tacere il nostro cagnolino interiore.
Il cagnolino vero, invece, ha reagito spontaneamente: non conosce giudizio né vergogna.
E qui sta la verità scomoda: ognuno di noi ha dentro un piccolo animale feroce e sincero. Finché non lo riconosciamo e non lo integriamo, continuerà ad agitarci da dentro, mentre gli occhi pattugliano fuori in cerca di un predatore plausibile.
Che fare: dalla corazza all’alleanza
Non si tratta di “combattere l’ansia”: si tratta di riaccogliere le parti rifiutate e ritrovare fiducia nel corpo, che non è un nemico.
Il lavoro vero non è spegnere l’ansia, ma ristabilire l’alleanza tra ciò che mostri e ciò che sei.
1) Interrompi il circuito del giudizio (30–60 s)
- Nota il primo pensiero normativo (“non devo”, “non posso”, “non si fa”).
- Sostituiscilo con una frase di permesso minimo:“Posso sentire questo, senza agire.”
2) Switch enterocettivo (90 s)
- Appoggia una mano sul ventre e una sul cuore.
- Espiro lungo dalle labbra socchiuse; inspiro naturale dal naso (3–5 cicli).
- Porta l’attenzione a battito, respiro, peso dei piedi. Non interpretare: senti.
3) Micro-espressione sicura (60–120 s)
Concedi al “cagnolino” il 2% di espressione in forma protetta:
- Rabbia → stringi un asciugamano e lascia che le spalle si muovano.
- Tristezza → morbidezza al volto, espirando con un sospiro.
- Paura → micro-oscillazioni sulle ginocchia, sentendo l’appoggio.
4) Rinegozia la regola interna (30 s)
Formula una frase incarnata:
“Quando sento X nel corpo, mi concedo Y in modo sicuro.”
5) Piccolo diario del corpo (1 min)
Annota che cosa hai sentito, dove, e che cosa ha aiutato. È così che si spolvera il magazzino senza far crollare tutto.
Chiusura
Se aspetti che “fuori” tutto sia a posto, l’ansia troverà sempre un nuovo predatore.
Se cominci a riaccogliere il tuo cagnolino interiore – un po’ oggi, un po’ domani – l’allarme si attenua, l’attenzione rientra nel corpo, e la vita riprende spessore.
Box – Glossario minimo
- Paura: risposta a un pericolo reale e presente; prepara all’azione.
- Ansia: allarme senza oggetto preciso, proiettato sul futuro; alimentato da immaginazione e pensiero.
- Esterocezione: percezione dell’ambiente esterno (vista, udito, olfatto, tatto).
- Enterocezione: percezione del mondo interno (respiro, battito, visceri, tensioni).
- Inconscio (BioMAGIA): parti di sé rifiutate/rimosse per adattamento al giudizio sociale; premono per esprimersi.
